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Chiacchiere con il Comitato Besta

A Bologna negli ultimi mesi spuntano molti comitati contro le politiche urbane del Comune. Ci siamo fatti alcune chiacchiere con il Comitato che si batte contro la demolizione delle Scuole Besta.

Il parco che attraverso ogni giorno per andare a lavoro domani ci sarà ancora? E quell’albero che in autunno fa cadere quei fiori gialli che ricoprono tutto il marciapiede di fronte a casa?

Bologna cambia in fretta. Si fa più brutta, grigia e pericolosa. Una distesa di cemento che sembra inarrestabile si mangia tutta la terra che trova di fronte. Le reti rosse si allungano sulle strade, delimitano spazi prima vissuti e ora spiati attraverso i buchi. Tram, passante, stadio, palazzi di Scandellara, palazzi del Lazzaretto: un’accelerazione che dà le vertigini. 

In mezzo a tutto questo la costruzione di una scuola potrebbe sembrare come un piccolo male necessario, finalmente un cantiere per una buona causa! Ma abbiamo imparato che del comune di Bologna è sempre meglio sospettare. Il nostro sindaco tutto ciò che tocca diventa oro per qualcuno, cemento per noi  – e le scuole Besta non fanno eccezione. In questa storia c’è tutto: gli alberi (non ancora) tagliati, la retorica della sostenibilità, la finta partecipazione, l’arroganza delle istituzioni.. e le persone che non ci stanno, che pensano che quegli alberi non andrebbero tagliati, che il parco va protetto e la scuola ristrutturata anziché demolita. Una sera di novembre abbiamo incontrato alcune di loro e gli abbiamo fatto qualche domanda. 

COMINCIAMO…

Ma prima, rilanciamo la manifestazione organizzata dal Comitato Besta il prossimo sabato 16 dicembre alle ore 10.30 in Piazza Spadolini

M-SDT: Come si è formato il comitato?

Lucia: Il comitato è nato a luglio, lontano da Bologna perché era estate ed eravamo tutti via. Ci siamo sentite e abbiamo deciso di farlo partire. Prima, ancora a maggio, c’era stato un articolo su ilmanifestoinrete.it dove si faceva già riferimento al fatto che le scuole Guercino, sorelle delle Besta, venivano ristrutturate anziché demolite. È stato un articolo importante per capire cosa stava succedendo e come base per la formazione del comitato.
Quindi il comitato è nato con l’obiettivo della ristrutturazione al posto della demolizione. Ma nasce tardi, perché doveva nascere prima e sarebbe stato meglio. All’inizio ci sono otto persone: io – che sono un’insegnante e facevo parte del consiglio d’istituto – con altre tre insegnanti delle Besta, cittadini preoccupati, un esponente dei Verdi e Fioretta Gualdi, l’architetta che ha progettato le attuali scuole Besta negli anni ’80. Io ho spinto perché le cose si facessero in un certo modo, perché si coinvolgesse la comunità scolastica: poteva uscirne solo un semplice volantino di partito e finita lì, invece il gruppo si è allargato, è diventato comitato, con l’idea precisa di essere un gruppo in cui tutti erano alla pari e le decisioni si prendevano insieme.

Le prime mosse sono state l’attivazione della mail e la scrittura di un volantino che in meno di 24 ore ha provocato due cose: la risposta della presidente del quartiere San Donato Adriana Locascio e un articolo sul Resto del Carlino. È quindi bastato per muovere più cose su diversi livelli. Poi con la fine dell’estate c’è stata un’accelerazione perché era possibile vedersi sia tra gente che si opponeva sia con le istituzioni. Il primo incontro di persona del Comitato è stato il primo settembre. Poi c’è stato un volantinaggio con intervento alla festa dell’Unità, dove si è subito capito qual era la risposta delle istituzioni: liquidati immediatamente. Si trattava di un incontro sull’edilizia scolastica, non c’è stato tempo per dire nulla. Ma è stata un’occasione per parlare informalmente con i rappresentanti: Borsari (assessore ai lavori pubblici e manutenzione, ndr) ci ha detto: «voi potete raccogliere anche 15mila firme ma il progetto lo facciamo comunque».
Poi nel mese di settembre il tema delle Scuole Besta è stato messo all’ordine del giorno alla Consulta del verde e, soprattutto, si è tenuto un incontro tra comitato e comune al Liber Paradisus [Uno spazio del Comune di Bologna]. Una delegazione del comitato ha incontrato Borsari, Ara (assessore alla scuola), Locascio (presidente del quartiere San Donato-San Vitale), l’architetta Faustini ( direttrice dip. dip. lavori pubblici), l’ingegnere D’Aprile (responsabile del progetto) e l’ingegnere Rossi. È stato molto impegnativo, molto lunga come riunione, è durata qualcosa come tre ore.

Daniela: avevamo tanti documenti, avevamo fatto un sacco di lavoro prima di venire perché sapevamo che ci avrebbero raccontato tutte quelle cose bellissime che avrebbero fatto con questo progetto e che noi avversavamo. Quindi noi eravamo andati lì con tutto sto lavoro di confronto tra le due scuole, perché c’è un problema ambientale e anche architettonico: le scuole Besta per come sono fatte adesso favoriscono un certo tipo di didattica [1], la scuola nuova non sa neanche che cos’è questa didattica ed è praticamente un corridoio con delle aule e basta.

Tant’è che ci aspettavamo che loro ci dicessero che avevano fatto un percorso partecipativo mettendoci dentro anche l’assessorato alla scuola, dei pedagogisti.. e invece loro si son messi d’accordo con l’assessore all’urbanistica e con quello alla mobilità, come se la scuola fosse un problema di traffico! Un concetto di scuola che non esiste. 

E poi c’era l’altro problema, perché gli altri documenti che avevamo riguardavano come sarebbe cambiato il parco dopo l’intervento. Quindi come sarebbe diventato brutto e come non saremmo riusciti a ripiantare tutti gli alberi che ci hanno promesso avrebbero ripiantato. All’incontro ci hanno detto che normalmente loro ne piantano due per ogni albero abbattuto, mentre qua addirittura ne pianterebbero tre! Ma neanche ci stanno!

M-SDT: Come dal salumiere: che faccio, signora, lascio?

Daniela: Esatto! Perché se ne abbatti trentadue e ne devi piantare novantasei, mi dici dove li metti novantasei alberi? Non ci stanno. E lì ci hanno dovuto dire: “beh certo, non tutti nel parco Don Bosco” e allora!? E continuavano a raccontarci quello che ci han sempre detto, che siamo noi che non capiamo e che quando ci sarà la nuova scuola saremo contenti anche noi. Perché facendo questa cosa loro riqualificano il parco. Questa cosa del riqualificare è scandalosa, davvero deludente.

Lucia: La riqualificazione è di fatto la questione su cui è nato il Comitato Besta. Nei documenti che siamo riusciti ad avere finalmente a luglio, infatti, si parte con la premessa che si tratterebbe di un progetto di rigenerazione urbana. Ma non c’è nessuna rigenerazione urbana, nel senso che, almeno se prendiamo la parola “rigenerazione” il presupposto è essere in un luogo che è stato abbandonato o che andrebbe bonificato. In realtà qui abbiamo un parco e una scuola funzionante dove i ragazzi fanno scuola regolarmente, che tra l’altro è stata costruita negli anni ‘80 a seguito di un lungo processo di confronto tra architetti, pedagogisti e comunità scolastica. Quindi già è contestabile la premessa del progetto, che stona e che non può essere di rigenerazione urbana. 

Poi nel progetto c’è un riferimento approssimativo agli alberi che dovrebbero essere abbattuti. Si parla di 32 alberi ma secondo noi saranno molti di più perchè non tutte le piante sono riportate nelle mappe del progetto. Comunque il fatto che si stiano esponendo pubblicamente in proposito, per noi è importante perché li vincola alla cittadinanza.

Si pensava invece ad un parcheggio. Senza dire esattamente dove, il progetto definitivo di maggio lasciava aperta la possibilità di realizzarlo nelle fasi successive.  

T-SDT: E poi questo riferimento è stato tolto?

Lucia: Beh quel documento rimane, è pubblico. 

Daniela: E quello è l’unico malloppo che dettaglia ogni singolo aspetto del progetto. In quel documento c’è tutta una serie di cose inserite al condizionale, tipo: ah non sono previsti nuovi parcheggi perché ce ne sono già abbastanza, ma eventualmente se ce ne fosse bisogno sarebbero progettati in modo drenante, ci metteremmo una pavimentazione apposita così che il suolo assorba etc etc»; così come le barriere fonoassorbenti, perché dato che la scuola viene spostata molto vicino alle strade rispetto a dov’è adesso – che è in mezzo al parco e la vegetazione intorno gli fa da barriera acustica naturale – la nuova scuola potrebbe essere troppo rumorosa: «allora, noi abbiamo già previsto che le classi affaccino sulle zone più interne così che ci sia meno rumore, ma se ce ne fosse bisogno allora si potrebbero mettere delle barriere fonoassorbenti attorno all’edificio». Un Cpr insomma!

E in più parlano di abbattere trenta alberi, poi sono diventati trentuno, trentadue, cose così [Ora abbiamo il masterplan che ne individua 42 da abbattere immediatamente]. In realtà lì c’è una vegetazione abbastanza fitta da pensare che diversi alberi verrebbero quantomeno danneggiati dal movimento terra, dai macchinari e molto probabilmente quelli che verranno conservati avranno uno spazio stretto e parti di radici tagliate. Ne abbatti trentadue subito, ma nei prossimi cinque anni ne perdiamo almeno altrettanti. Han fatto un censimento, adesso lì gli alberi son centotrentanove, solo quelli non giovanissimi, è davvero un polmoncino. C’è questa associazione che si chiama Fanigreen, di persone che abitano in Via dei Caduti di Via Fani, loro mettono i cartellini sulle piante con nome e storia della pianta e descrizione della fauna che abita lì sotto, è un luogo dove fanno i percorsi di biodiversità per i ragazzi delle scuole!

M-SDT: Secondo voi qual è il significato? Mi colpisce molto che per un quartiere evidentemente molto vissuto il grimaldello che si usa a livello tecnico è quello della riqualificazione, perché questo concetto nasce per zone “degradate” – con tutti i problemi nel definire cosa sia una zona degradata – però rispetto al solito sembra un salto di qualità, voi come ve lo spiegate? Come vi vivete questa cosa e come pensate sia vissuta dal quartiere questa dinamica in cui la partecipazione è così platealmente finta?

Daniela: A dire il vero io non me lo so spiegare. Mi riesco a spiegare persone dell’età dei miei genitori, che han sempre votato PD e che partono dal presupposto che se questa giunta ha fatto questo progetto  allora è il meglio che potessimo produrre. Non me lo spiego quando questo discorso me lo fanno genitori di trentacinque anni. Abbiamo dei genitori giovani che pensano che la scuola sarà bella, che il progetto è bellissimo e che sta cosa che salvaguardi gli alberi perché li metti in mezzo alle quattro foglie è il massimo della vita! 

Una cosa che sicuramente non è chiara è che non è possibile abbattere solo trenta alberi e che non è possibile riverdificare il terreno della scuola attuale – posto che per noi non andrebbe abbattuta. Ma come fai a rinaturalizzare quel terreno lì che è quarant’anni che c’è il cemento sopra? Quel terreno lì non dà niente, servirebbe un lavoro costosissimo..

Sabina: Ma la parola “riqualificazione” è chiaro che è uno specchietto per le allodole, lo stesso motivo per cui la gente abbocca ad Amazon, è un concetto consumista nella loro chiave: ti faccio una cosa bellissima così tu la puoi usare. Non vale più il parco, non ha più senso per le persone che abboccano a questo termine perché per loro è più importante la scuola di facciata, che è bella e nuova – ovviamente per noi son giudizi discutibili. Probabilmente c’è questo dietro il favore di molti genitori. Questo fantomatico termine “riqualificazione” alla fine non vuol dire niente perché in che senso deve essere riqualificato un parco? Un parco è un parco.

Daniela: Anche perché, ci fossero le baby gang… ma è uno dei parchi più parchi che ci sono. Tralaltro dove la vorrebbero costruire è proprio una zona dove non c’è niente e ci sono solo panchine per cui il massimo della schifezza che ci puoi trovare è che qualcuno va a bersi la birra e invece di arrivare al cestino lascia la bottiglia vuota sulla panchina.

Lucia: Provo a rispondere ritornando al progetto. Intanto mi riaggancio all’incontro che avevamo fatto al Liber Paradisus. Loro dopo tre ore hanno ribadito la loro posizione: «noi andiamo avanti comunque, tra poco faremo il bando per dare in appalto i lavori». Noi abbiamo fatto molte puntualizzazioni, dando anche tutta una serie di indicazioni che poi sono stati costretti a prendere per fare modifiche al progetto, aggiungendo aule, creando una nuova disposizione interna degli spazi e inserendo un impianto fotovoltaico su parte del tetto. E soprattutto gli abbiamo detto che saremmo andati avanti con la raccolta firme – era l’inizio di settembre – perché secondo noi ristrutturare e non abbattere alberi era ed è la scelta giusta. Alla luce di quella che è la situazione non solo di Bologna, ma dell’intera Pianura Padana che è una delle aree più inquinate d’Europa e nella consapevolezza dell’attuale crisi climatica.

L’altra data fondamentale è stata quella del 17 ottobre, perché dopo le proteste, la manifestazione, aver raccolto molte persone attorno a noi, il comune doveva rispondere in modo ufficiale e quel giorno abbiamo riempito la Sala dello Zonarelli che traboccava di persone, perché era qualcosa di più.. non era solo la questione di una scuola. Il fatto che davanti a tutta quella gente e dopo aver mostrato le modifiche fatte, Borsari abbia concluso comunque la serata dicendo che lui si rendeva conto solo adesso che era cambiata la sensibilità… Ma non è solo una questione di sensibilità, oggi abbiamo la consapevolezza che il progetto della nuova scuola Besta, che nasce una decina d’anni fa, è inaccettabile. Il problema non è che è cambiata la sensibilità ma che è cambiato il mondo e il Comune di Bologna lo ha riconosciuto quando ha dichiarato che avrebbe raggiunto la carbon neutrality. Il progetto delle nuove Besta oggi è ancora meno accettabile e avere una finta partecipazione dal basso è più difficile. 

Daniela: Infatti c’è della gente che quando abbiamo raccolto le firme ci ha detto «io forse non avrei firmato prima, adesso dopo l’alluvione in Romagna sì» perché evidentemente ha cambiato qualcosa nella testa delle persone.

Luciae quindi è ovvio che questo progetto è un altro tassello di un puzzle molto più grande che vede la trasformazione della città di Bologna, in polo della logistica ad esempio..

Roberto: e che aumenti il numero dei cittadini. A parte la logistica, il piano è far diventare Bologna una città da 700mila abitanti, di fatto raddoppiarli..

M-SDT: Insomma c’è anche un salto di qualità a livello amministrativo per cui Bologna aveva storicamente delle expertise, delle eccellenze e invece si ritrova quasi a cancellare il lavoro – penso all’articolo dell’espresso dell’anno scorso – con in testa un modello di città e cittadinanza, diversi…

Roberto: Secondo me si sono ribaltate le cose. Il successo di questo territorio nei decenni passati è dovuto, se lo semplifichiamo al massimo, alla Lega delle Cooperative. Che però era l’espressione di una forza/area politica, quella del Partito Comunista, che era il motore – non sempre limpido e senza problemi – delle iniziative sul territorio.

Le forze si sono oggi ribaltate: il motore di questo territorio ora è l’economia, la politica è governata dalla Lega delle Cooperative, che esprime Merola e Lepore che di fatto ne sono due dipendenti. Adesso gli amministratori non conoscono neanche bene i progetti, perché a loro viene comandato di gestirli. Legacoop e Unipol decidono come deve svilupparsi la città.

Tutti questi comitati, come il nostro, fino a trent’anni fa li costruiva il Partito Comunista, che ne aveva bisogno per creare il consenso. Oggi se ne fregano. Via Scandellara, sempre sotto la dicitura “riqualificazione”, la stanno ribaltando: costruiranno una nuova strada, erano previsti otto palazzi – ora ridotti perché il terreno non teneva – e ancora manca al disastro che dovremo vedere un supermercato.

T-SDT: Dove? 

Roberto: Lì in via Scandellara, quando arrivi da Via del Terrapieno, dove c’è già quel gran mucchio di terra. E poi si fa un’altra strada e accanto alla biblioteca viene una rotonda. Tutti questi lavori sono oneri di urbanizzazione di quando hanno costruito la Torre dell’Unipol, arrivano dopo tanti anni: l’interramento della ferrovia, la pista ciclabile…

Quindi dentro questa parola “riqualificazione” loro ti mettono di tutto. E riguardo alla partecipazione, Lepore governa con il 35% del 60% dei voti, un numero che vent’anni fa non arrivava neanche al ballottaggio. Oggi Borsari agli elettori del PD dice che il quartiere sarà cambiato e che dovranno abituarsi al “nuovo skyline” di Scandellara. Però non sono preparati e anche quello colpisce, se li incalzi lo capisci. Probabilmente non conoscono neanche le delibere. Loro si siedono e recitano quello che è stato stabilito di fare perché si è invertito quel flusso: chi governa quella rete di cooperative e Unipol, governa la città.

Adesso c’è il Passante di Mezzo, ma stanno preparando anche il Passante Sud. Nello scambio della gestione della città sarà magari gestito dalle cooperative bianche e quindi servirà il centro destra, ma di fatto lo stanno già costruendo. Stanno facendo quello che sembrava una cosa delirante per tutti, stanno costruendo la rete delle autostrade collegate tra loro nella parte sud, arrivando dalla Toscana. Per cui il calo della partecipazione è un fenomeno che adesso tocca anche qua. I bolognesi fan fatica perché si immaginano ancora di essere quella città. ..

Domenica noi siamo stati a quei laboratori [sulla transizione ecologica] organizzati dal Comune, ed è allucinante il mito di Bologna che c’è in giro per l’Italia. C’era gente da tutta Italia a partecipare a questi laboratori, ma anche “militanti”, gente dell’Arci, di associazioni che lavorano con gli stranieri, gente forte e preparata. Quando io sono intervenuto e ho detto “non siamo più quel territorio” loro dicevano “ah strano sentire parlare così”

Daniela: C’era uno di Brescia che diceva: «io stamattina ero incantato a sentire il vostro sindaco perché a Brescia questo discorso non si potrebbe mai sentire e chissà quante generazioni passeranno prima che a Brescia si possa fare», io non so cosa ha detto Lepore, deve averli – come si dice a Bologna – insolfanati, deve avergliela raccontata bene bene, però onestamente bisogna vedere i fatti: io ti posso anche raccontare che andiamo in Paradiso a piedi, poi non è così però! 

Nel mio tavolo invece c’era una persona che diceva quello che diciamo noi, sembrava di parlare con qualcuno del nostro comitato. «Non si possono esportare le buone pratiche» ci ha detto, perché i problemi che nascono qui si risolvono qui impegnandosi, facendo, partecipando, invece di raccontarsela. Qua però non fanno che raccontarcela e le persone che vengono da fuori se la bevono tutta. A un certo punto mi sembrava davvero quando disfi il mondo che un bambino si è fatto in testa, io ero la più vecchia del tavolo e ho segato le gambe a tutti questi ragazzi. Tutti gasati loro.. facevano anche tenerezza.

Roberto: Sì, tenerezza. L’incontro si chiamava “alleanza per le transizioni giuste”, io ho detto «noi siamo venuti qua per contestare, noi di costruire un’alleanza non ci passa neanche per la mente, mi spiace perché siete venuti da lontano e adesso non vorrei mandarvi a casa alle quattro del pomeriggio con l’ansia. Per cui io vi lascio la nostra esperienza che qui non funziona come raccontano loro». E ci hanno ringraziato, che questo li aiuta a capire ecc.

Daniela: Nel mio tavolo c’era una signora che ha partecipato anche al percorso partecipativo che si è tenuto qualche anno fa in Bolognina, quello per la zona del mercato ortofrutticolo, dove ora ci sono quei palazzi residenziali e quattro alberelli tutti striminziti. Lei diceva: «io mi sono trovata lì a fare questi incontri in un quartiere che ha molte persone immigrate, stranieri ecc. e a questi incontri eravamo soltanto persone italiane bianche, per la maggior parte uomini… ma almeno due o tre mamme che abitano qua vicino le portiamo qui?». E nessuno ci aveva pensato. La partecipazione non è proprio conosciuta, non ce l’hanno più in mente.

Roberto: E non sono neanche militanti. Lepore, Borsari, questi che conosciamo, non sono più militanti di organizzazioni, gente che ha fatto lavoro di quartiere e cose così che a un certo punto spiccano. Loro vengono scelti perché sono destinati da prima, sono formati per fare gli amministratori.

M-SDT: Quando parlano di ecologia hanno sempre la logica della compensazione, quindi sul tram ti dicono: «faccio il sottopasso ma faccio anche il tram», perché nella loro idea sono un + e un – e quindi sono in pari. Ed è sempre così: tolgo degli alberi e ne metto altri piccoli.

Roberto: Ma anche la partecipazione funziona così, è una forma di sudditanza: «io faccio tutto il lavoro, poi te decidi solo sulle compensazioni», i cittadini non sono coinvolti nella decisione e nel confronto. I cittadini decidono solo come compensare – dentro ovviamente certi canali già stabiliti.
Loro hanno un piano di città di cui il passante è il filo conduttore, uno sviluppo che impatta prevalentemente sulla parte nord perché lì è più facile conquistare, è dove hai più resa, hai già l’autostrada.. e così San Donato diventa un nuovo quartiere, la zona di Fico Caab etc. diventa un nuovo quartiere. È inspiegabile che adesso fai il capolinea del tram in mezzo al niente: il tram dovrebbe risolvere il problema della viabilità e invece fa capolinea dopo la fiera, dove il traffico non è già più un problema. Questa cosa è incomprensibile, se non che grazie al tram tu devi costruire un nuovo quartiere, lo stadio e tante altre cose.

Daniela: Il problema per noi è che, come capita molto spesso, noi abbiamo saputo le cose molto tardi. Tardi per fare delle cose più efficaci per bloccare o quantomeno rallentare il progetto della nuova scuola. La loro forza è che l’iter è partito e che nessuno li ferma più. O decidono loro di fermarsi, oppure noi – secondo loro – non abbiamo nessuna speranza di ottenere qualcosa. Loro ragionano così. 

Roberto: Io son grato con chi è partito con il comitato anche perché mi ha fatto riflettere sul tema dell’intelligenza popolare. Queste cose diventano sempre delle questioni tecniche, per cui poi possono parlare solo i tecnici.. ma loro lavorano ormai – come chi fa ricerca – su dei modelli, degli esempi che poi mandano in loop in un elaboratore. Chi vive invece un territorio ha sempre la consapevolezza di quello che sta succedendo, di quello che sta cambiando, dell’importanza di quella specifica zona, di quel boschetto di trenta alberi, di quella scuola. 

Ma le persone non vengono ascoltate: ora il Comune di Bologna per spianarsi la strada per distruggere il territorio chiama Cucinella[2], che quattro mesi fa dichiarava su Repubblica «basta consumo di territorio» e quindici giorni fa dice: «ci vuole un pensiero intelligente, bisogna costruire in città». Ma penso faccia parte del loro piano, chiamano delle intelligenze, gente che tira e fa nome, per parlare di luoghi che non conoscono. Cucinella parla a sproposito perché non sa cosa succede in quella parte della città. L’importanza del lavoro dal basso è questa perché hai il polso di quello che sta succedendo davvero.

Daniela: Un altro esempio. In zona Borgo Panigale anni fa è nato un comitato che si è mosso per evitare la costruzione di un supermercato Aldi per cui hanno abbattuto una trentina di alberi. Il comitato ha fatto di tutto però alla fine li hanno abbattuti lo stesso. Tra le cose che avevano attivato c’era una perizia sul suolo, che è risultato inquinatissimo. Tanto che non ci si spiegava come avevano fatto gli alberi poi tagliati a resistere tutti quegli anni. E dato che il suolo era inquinato Aldi alla fine ha costruito il supermercato solo un po’ spostato. Sul terreno inquinato hanno creato un viale e persino messo qualche alberello nuovo.

T-SDT: Un altro aspetto interessante di questa storia è che la demolizione della scuola viene giustificata anche a partire dal fatto che è ad alto impatto energetico. È molto simile a quanto è successo in Montagnola: «la tensostruttura è vecchia, inquina troppo, sostituiamolo con un edificio sostenibile», è quello che han ripetuto al comitato che si opponeva. E come le Besta, la nuova struttura della Montagnola la fanno a forma di foglia in mezzo agli alberi – infatti la chiamano “foglia di Cucinella”. Ma se ci vai ora, che la stanno costruendo, quello che vedi è solo ferro e cemento, alla fine per far su gli edifici usano sempre quello.

Lucia: Ma infatti anche il nuovo progetto della scuola si chiama “Quattrofoglie”, ma per costruirla abbattono gli alberi e l’unica cosa che avrà di verde sarà la vernice.
Non so cosa succederà alla scuola, ma il fatto che sia nato un gruppo di persone che continua con grande energia a vedersi tutti i martedì – fino a poche settimane fa ci incontravamo sulle panchine davanti alla scuola nel parco Don Bosco, puntuali alle 18… e ora in un garage accanto al parco, ogni settimana ognuno in base alle proprie energie e competenze. E si va avanti con richieste di accesso agli atti, manifestazioni, incontri per allargarci. Perché siamo consapevoli di essere il nodo di una rete molto più ampia e che questo progetto rientra nella stessa logica di altri, vedi il nuovo comitato che si sta opponendo all’abbattimento dei 22 platani lungo il tragitto del tram, solo l’ultimo che si è costituito.

T-SDT: Ed è interessante che io ti ho conosciuta proprio durante una discussione con uno dei relatori che rimproverava ai comitati (come il vostro) di non avere una visione più ampia dei problemi ambientali. Quello che ci dite stasera, così come le cose che avete scritto e che ho letto prima di vederci, è tutto il contrario rispetto al «a me frega solo del mio giardino». Cosa sta succedendo alla città, come impatterà il passante, le politiche del comune, perché il tram e di come tutte queste cose si incastrano.. son tutte questioni sulle quali riflettere.

Lucia: Sì, e molte persone sono intervenute proprio per ribadire che il locale e il globale in queste lotte sono intersecati e che noi siamo legati a una rete molto più ampia. Anche a tutta quella rete di comitati in giro per l’Italia che si oppone alle grandi opere inutili e dannose come per esempio i rigassificatori… Io sono un’insegnante dei Cobas e la partecipazione l’ho imparata all’interno del mio sindacato, formato solo da volontari, dove ci si incontra tutte le settimane, si discute e si prendono le decisioni insieme. Quindi per me è importante far passare l’idea del vedersi, della discussione, cose che vanno moltiplicate perché ne abbiamo estremamente bisogno.

Quello che è successo a scuola ad esempio, perché le responsabilità sono proprio ad ogni livello. Abbiamo parlato dell’amministrazione, ma potrei parlare anche ad un livello più basso di quello che è stato il boicottaggio della partecipazione all’interno della scuola. Noi saremmo potuti partire prima col comitato se avessimo avuto prima le notizie del progetto, notizie che invece sono state filtrate.

M-SDT: Dal dirigente precedente?

Lucia: Sì.

M-SDT: che l’ha fatto per quale motivo?

Lucia: Per paura, credo, immagino pensasse di non poter dire certe cose. E forse perché sapeva già chi erano le persone che avrebbero potuto opporsi. 

Sicuramente lui era convinto della bontà del progetto, però sempre tornando alla questione della partecipazione: come fai a non coinvolgere la comunità scolastica sapendo che c’è in ballo un progetto così grande? Come si può considerare il volerne parlare una violazione della privacy? A giugno 222 in piazza Spadolini c’è stata la prima presentazione del progetto del nuovo Polo scolastico Besta e il fatto di avere una foto del power point nel cellulare e farla girare sembrava quasi un reato. C’è chi mi ha raccontato che gli è stato detto che quelle foto non potevano circolare. 

Roberto: Bisogna considerare anche il potere che il Comune ha nei confronti della scuola, perché la scuola è finanziata dallo stato ma tutte le cose aggiuntive, come educatori, integrazioni, manutenzioni, laboratori son tutte cose per cui il comune mette i soldi e ha un potere fortissimo. Come dirigente è difficile andare contro.


Un amico, dopo aver letto queste chiacchiere, ha pensato di integrare il testo con una testimonianza personale.

Una sera, rientrando a casa dopo una delle riunioni fra comitati e cittadini, proprio sul sentierino del parco che collega il parcheggio interno a via Serena, ho visto un papà con il figlio in braccio davanti a uno dei cartellini presenti nel parco (realizzati da me come Fani green): gli stava leggendo un testo che parlava dei pioppi e di quanto sono antichi. Teneva la torcia dello smartphone sul cartellino perché anche il bambino potesse vederlo.
Terminata la lettura, il papà ha riportato a terra il figlio, il quale ha subito detto: “Ancora, ancora: leggiamo ancora le piante e i nomi”.
In vent’anni mi è capitato di assistere a scene meravigliose come questa decine e decine di volte ed è sempre come trovarsi dentro a un miracolo.
Me lo ripeto spesso: la cultura è nel cuore della natura.
Tutto questo però richiede molta sensibilità e sta alla larga dall’arroganza e dal rumore delle motoseghe.


[1] Le scuole Besta furono costruite su progetto dell’architetta Fioretta Gualdi nell’ambito del Piano di Edilizia Scolastica approvato dal comune di Bologna nel 1968. La sua struttura risponde alle richieste di rinnovamento della didattica che in quegli anni premevano per cambiare il modo di fare scuola. Nel caso delle Besta questo significa ampi spazi per l’incontro tra studenti, grandi porte a vetro che danno sul verde, il parco e gli alberi attorno…

[2] Mario Cucinella, architetto-star che ha uno stretto rapporto con le istituzioni bolognesi